lunedì 11 febbraio 2013

Gli idonei

Vedo gli altri vivere la loro vita del cazzo.
Più l'individuo è abietto.
Più l'individuo è ripugnante.
Migliore sembra essere la vita che conduce.
Mi sbavo addosso tonnellate di rabbia.
Di nosense.
Già.
Perchè non lo capisco mica.
Perchè tutto il dolore che vedo?
Perchè i più idonei sembrano per forza i peggiori?
Qualcuno prima o poi dovrà darmi una spiegazione perchè io non la trovo.
Fatico a mettere assieme i passi.
E mi pesa mettere un piede avanti all'altro ed andare avanti.
e mi pesa ascoltare soltanto la mia voce
charlieboy


I "salvati" del Lager non erano i migliori, i predestinati al bene, i latori di un messaggio: quanto io avevo visto e vissuto dimostrava l'esatto contrario. Sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della "zona grigia", le spie. Non era una regola certa (non c'erano, né ci sono nelle cose umane, regole certe), ma era pure una regola. Mi sentivo sì innocente, ma intruppato tra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione, davanti agli occhi miei e degli altri.
Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti;
i migliori sono morti tutti.

Primo Levi - I sommersi e i salvati

lunedì 4 febbraio 2013

Cubetti di ghiaccio

La macchina del pane sta scaldando la mia pagnotta settimanale.
Mezzo chilo di pane integrale che ogni volta emana un odore buonissimo.
Mi svacco in attesa di sfornarlo. Leggo. Mi faccio un ginger con un po' di cubetti di ghiaccio.
Lo vedo frizzare e poi giù. Buonissimo.
Guardo i cubetti sul fondo.
Ne sgranocchio uno.
Appoggio il bicchiere e mi ritrovo bambino.
7 anni.
In vacanza.
Riviera romagnola.
La settimana di villeggiatura.
Mia madre, giovanissima, a tavola insieme a me e a mia sorella.
Mio padre rimasto a casa per lavorare.
A tavola ogni giorno mi si offriva una specie di spettacolo su coloro che popolavano l'albergo.
Era divertente.
Guardavo come sulla poltrona di un cinema le altre persone, le altre coppie, le altre famiglie, i camerieri.
Era più di un cinema.
C'erano anche gli odori, i rumori delle posate sui piatti, un vociare continuo e costante di sottofondo e il forte odore di tabacco.
Davanti a me una coppia, lei non la ricordo bene, forse bionda (tinta) sui sessanta, o forse era più giovane e li portava male, non lo so.
Mi sembra di ricordarla nella sala da pranzo con addosso un vestito bianco, lievemente sovrappeso.
Lui, abbronzatissimo, un po' calvo, con i capelli grigissimi, come il fumo della sigaretta che continuava a portarsi alla bocca.
Occhiali. Denti gialli. Sessantanni anche lui. Camicia celeste a maniche corte. Pantaloncini. Vene bluastre sui polpacci. Mi guardava a mi sorrideva.
A 7 anni pensavo che gli altri non notassero il mio sguardo. E invece non era così.
Ma non lo mollavo però.
Chino sul tavolo mangiava.
Un boccone e poi un tiro di sigaretta.
Il posacenere nell'arco di un pranzo o di una cena si riempiva sempre.
Osservavo questo strano essere nutrirsi di cibo e di fumo.
E rimanevo sempre infastidito.
Ma non erano le sigarette. Quelle semmai mi avrebbero incuriosito.
Mi infastidiva il fatto che l'uomo con la sua sigaretta si alzasse e riempisse una coppetta di metallo con un quantitativo esagerato di cubetti di ghiaccio che si trovavano, in un freezer, in prossimità del buffet.
Tornava a tavola e ne utilizzava solo due o tre.
Gli altri rimanevano lì. A soffrire. Ad assorbire il calore dell' estate di metà anni '80 e delle sue sigarette.
A fine del pranzo la coppetta traboccava di tante piccole salme biancastre rimpicciolite dal calore, annegate nel liquido in cui, di li a poco, si sarebbero trasformate.
Quei cubetti era come se mi chiamassero, era come se mi chiedessero aiuto.
"Salvaci... ti prego!" pensavo tra e me e me.
Ma non potevo fare nulla per loro.
Per tutta la vacanza l'uomo con la sigaretta mi ha tormentato con la sua strage di cubetti di ghiaccio e io provavo risentimento nei suoi confronti per tutta la sofferenza causata.
Come poteva non capire? Come poteva essere così insensibile?
Non lo so.
Mesi dopo, in occasione di una cena organizzata a casa dai miei genitori, non so come, con gli ospiti si entrò sull'argomento vacanze.
Ricordo che mia madre descrisse l'uomo che fumava come il più incallito fumatore che avesse mai visto.
Anche io lo ricordavo ma per un altro motivo, aggiunsi quindi: "E poi prendeva sempre troppo ghiaccio!".
Lei rispose: "E questo cosa c'entra?".
Ecco, nemmeno lei aveva capito.
Gli ospiti mi sorrisero.
Nemmeno lei aveva capito la sofferenza di tutti quei cubetti.
Immolati così, senza un vero motivo.
Questo il mio primo ricordo di non essere compreso.
Sorrido mentre ci ripenso.
E penso che, cubetti di ghiaccio a parte, non sono forse così cambiato da allora.
Sgranocchio i cubetti di ghiaccio lasciati sul fondo del bicchiere di ginger e sforno il pane.
oggi nessuno ha sofferto invano
charlieboy