martedì 24 luglio 2012

ancora sul suicidio

Un'altra volta nel giro di 6 mesi o poco più.
Di nuovo un suicidio.
Di nuovo questa parola. Orribile.
Di nuovo la sensazione di smarrimento di fronte ad un evento sempre inatteso.
Di nuovo la forte sensazione che quello che ci si porta dentro sia la cosa più importante.
E invece non gliene frega un cazzo a nessuno.
Stai male?
Cazzi tuoi.
Non mi interessa.
Se invece hai un tumore allora sei autorizzato a soffrire, e ad essere compreso.
E se invece sei depresso?
Allora no. Questo non si puo' accettare.
Ma non ti vergogni!? Con tutte le possibilità che hai!?
Come se bastassero quelle a farti stare meglio.
Cosa vuoi di più? Si sente spesso dire. (E alle volte lo si dice pure...)
E allora che succede? Succede che "devi prendere gli antidepressivi".
Effettivamente curare una problematica di chiara natura psicologica con i farmaci mi sembra la risultante più ipocrita e vigliacca che ci possa essere. Perchè è un modo schifoso di far rientrare il problema in un ambito più comprensibile, meno fastidioso.
Lui/Lei stava tanto male, ma da quando prende quella pasticca, è guarita.
Eggià. La medicina del cazzo. La medicina On/Off.
Il problema adesso c'è. 
E ora non c'è più.
Questo la dice lunga sul modo in cui la società "tratta" queste problematiche. Già perchè il disagio, la sofferenza psicologica è una cosa da tenere nascosta, di cui vergognarsi.
Zitto, silenzio, non parlarne. Non dirlo a nessuno.
Perchè c'è la hit parade anche nello stare male.
Se hai un tumore allora sei autorizzato a soffrire.
Ma se sei depresso no. Non te lo puoi permettere perchè nessuno ne capisce il motivo.
E nessuno ne capisce il motivo perchè nessuno te lo chiede il "perchè". E perchè succede ciò?
Perchè non gliene frega un cazzo a nessuno.
Perchè si tratta di grattare la superficie e di andare un po' più a fondo.
Si tratta di cercare una risposta che non  sia per forza immediata.
O scontata.
Capita però che al suicidio qualcuno ci pensi più intensamente e che ci riesca anche.
E' lì che però sì riesce a dare il peggio perchè comincia il commiato della comunità.
Comincia la commiserazione di chi, fino ad un attimo prima aveva voltato lo sguardo di fronte alla sofferenza o che aveva archiviato il dolore con un laconico: "si ma tanto non è una persona a posto" oppure: "quello/a lì non è mica tanto normale".
E comincia il tam tam delle frasi ad effetto, quelle cose patetiche, degne di 3 metri sopra il cielo.
Cose del tipo:
Vorrei avessi visto anche tu la bellezza della vita in un raggio di sole e te ne fossi innamorato per decidere di restare ed andare avanti.. Ora voglio pensare che sarai forte fortissimo..si, adesso lo sarai..
oppure
..che male fa chi se ne va..
oppure
..ho appena avuto una brutta notizia.. ma la vità è così bella..

Vabbè, lasciamo perdere perchè per qualche giorno potrei copiare e incollare tutte le stronzate che sono state o che verranno scritte. Tutta questa finta partecipazione. Questa voglia di condividere con gli altri un'artefatta commossa e lacrimevole partecipazione. E' questo che secondo me umilia ancora di più il ricordo di chi, facendo un gesto atroce ci ha sbattuto in faccia tutto il suo dolore.
Il dolore viene rispedito al mittente semplicemente facendo le cose di "facciata", scrivendo stronzate e continuando a fare quello che si è sempre fatto. Commettendo gli stessi errori. Ripetendo all'infinito gli stessi passi. Gli stessi gesti. Facendoli sempre nello stesso modo e insabbiando il dolore altrui sotto un cumulo di merda e di stronzate.
Stare in silenzio di fronte ad un dramma non è cosa da tutti  perchè ci vuole coraggio e questo invece è un posto di vigliacchi
charlieboy

sabato 21 luglio 2012

The perfect solitude

Lavoro troppo.
O almeno.
Lavoro troppo per i miei gusti.
La cosa vera è che ultimamente non mi pesa.
Mi alzo. Ci vado. Lo faccio e torno.
Strano modo di fare.
Chissà.
Di buono c'è che me ne sono andato in mezzo alle montagne per qualche giorno.
A camminare, arrampicare ecc..ecc..
Sono tornato migliore di come ero partito.
Con un profondo senso di tranquillità.
Con la bella sensazione di aver fatto fatica e di essere stato ripagato per lo sforzo fatto.
Di questo si tratta alla fine.
Di fare fatica.
Di fare cose con le mani. Di usarle.
Di mettersi in una modalità più semplice.
E di starsene da soli.
Con la bella sensazione di non aver bisogno di nulla di più.
ci dovrei andare più spesso
charlieboy

domenica 1 luglio 2012

vie complicate

Nel trascinarmi di questi giorni riesco ancora a prendere fiato quando leggo qualcosa che si avvicina molto a quello che penso io.
E mi consolo. E mi sento meno solo.
E mi sembra di inspirare un po' di "giustizia", termine di cui faccio ampio utilizzo e del quale  non conosco il 100% del suo significato.
Ciò che copio e incollo si trova su wikipedia e lo disse un grande della montagna: Walter Bonatti.
E' morto meno di un anno fa' il Walter, se n'è andato rapidamente, come lo stile alpino che aveva adottato.
In leggerezza approcciarsi ad una parete, inseguirla, giungere in cima e scendere.
Il più rapidamente possibile.
Ha fatto cose negli anni '60 che sono proibitive per tantissimi alpinisti dei giorni nostri.
Così rispondeva riguardo ai fatti che lo videro protagonista nella spedizione per la conquista del K2.
Ciò che disse potrebbe essere messo a completamento del post: "la terra dei cachi".

Non m'interessa parlare della notte che cambiò la vita, che ha reso il mio carattere per sempre sospettoso e diffidente. Avevo visto la durezza della guerra. Il giorno prima con i miei amici, partigiani, giocavamo a calcio, il giorno dopo erano nella chiesetta, cadaveri, sfigurati in viso dagli scarponi chiodati. Ho visto la fucilazione dei gerarchi fascisti, ero a piazzale Loreto quando appesero Mussolini a testa in giù come un maiale, sapevo cos'era la cattiveria, ma ignoravo l'infamia. Ho aspettato due mesi che Compagnoni venisse a darmi una pacca sulla schiena, a dirmi che aveva fatto una fesseria, a chiedere scusa, perché può capitare di essere vigliacchi, ma deve anche capitare di ammetterlo. Invece niente, invece sono finito sul banco degli accusati, ero io la carogna, non loro che avevano mentito sull'uso delle bombole, delle maschere, sull'orario del balzo finale alla vetta. Nella relazione ufficiale di Desio che il Cai ha accettato è sbagliata la quota del mio bivacco, quella del campo di Compagnoni e Lacedelli, l'uso e la durata delle bombole di ossigeno, niente affatto esaurito prima dei duecento metri di dislivello sotto il K2, e l'ora in cui dettero l'assalto alla vetta. E tutto questo perché? Perché l'impresa oltre ad avere successo doveva essere anche eroica. Far vedere che gli italiani erano stati non solo bravi, ma anche straordinari. Ne abbiamo fatto una montagna di merda, coperta di menzogne, perfino la stampa straniera ci chiede "perché?". E tutto questo perché non riusciamo ad essere un paese pulito, dobbiamo strumentalizzare le occasioni, la verità, sporcare gli uomini. L' Italia è un paese di complici, dove non esiste solidarietà tra onesti, ma solo scambio tra diversi interessi, dove il sogno di Desio doveva restare immacolato. Dove solo io potevo essere infangato, disprezzato, accusato. Non solo, ma qualsiasi controversia non viene mai affrontata, si preferisce accantonarla, non prendere la responsabilità di una scelta. Mentre oggi agli idoli sportivi imbottiti di droga tutto viene perdonato perché sono l'immagine del paese. E se solo guardo quello che passa in tv mi viene schifo: quelle persone sull'isola, che si fanno riprendere, quella buffonata. Con quale rispetto verso i padri dell'avventura, verso chi ha cercato frontiere e parole nuove come Melville, Jack London e Stanley? Io sul K2 in una notte del '54 sono quasi morto, ma quello che mi ha ucciso è questo mezzo secolo di menzogna. Ho urlato così tanto quella notte nella mia disperazione che adesso non voglio avere più voce. La puzza del K2 la lascio a voi, io preferisco respirare [...].

Non riesco ad aggiungere nulla.
Pennellate di disprezzo verso la realtà che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
e che non facciamo nulla per cambiare
charlieboy

http://www.youtube.com/watch?v=GMcuOdfdJXk&feature=fvwrel
(la meravigliosa via Bonatti Ghigo. Grand Capucin. Monte Bianco)

vanity fair

Più autistici di così non si può.
Fare una cosa solo per farla vedere. Solo per dire.. "ecco vedete..".
Tristezza. Massignur... ma deve essere tutto per forza così miserevolmente deludente?
Cristo ma ci sarà qualcosa di più... di un po' di più.
Apro la pagina facebook e nella bacheca ci trovo "il falò delle vanità", tutti a far vedere questo, quello, ho fatto questo, ho fatto quello.
Andateven'affanculo dico io.
Le cose paiano che prendano senso solo se "condivise", pubblicate in attesa di cosa non so..
un commento?, una donna?, la morte?...
Non lo so.
Certo è che mi sembrano autistici quelli che si comportano così, attirare le attenzioni per poi cosa?
La gloria? L'invidia altrui?
che miseria
charlieboy