lunedì 28 novembre 2011

Con il fiato sospeso

Eggià.
Doveva pure arrivare.
Il faccia a faccia con tutte le mie paure. Con tutto quello che non ho fatto e che non so dal punto di vista lavorativo (e non è poco :).
Prima notte. Dopo tanto tempo che non ne faccio una.
Con la differenza che ora sono solo. Indipendente. "Autonomo"? Quello non ancora. O almeno non mi sento tale. Chiuso a riccio sulla mia paura. Sulle mie incertezze.
La sensazione è di avere un macigno piantato sulla pancia.
Eggià. Doveva pure arrivare.
Eccola qui.
Quantomeno non c'ho pensato. Non c'ho pensato sino ad oggi.
La tensione la sento. Luccicante come una lama.
Con il fiato sospeso.
charlieboy

Mother & Nature

Qualcosa che ha a che fare con l'accontentarsi. Con il gettare la spugna. Con l'arrendersi. Scegliendo la strada in discesa. Quella più facile. Quella più sicura. Quella che è meglio. Per ora.
Già per ora. Mica per sempre.
Scelte facili e di comodo ne ho sempre fatte. Su temi delicati. Su cose che sto cercando di superare. Di risolvere. Il rapporto con i miei soprattutto e con mia madre in primis.
Tutte le sue stronzate e le sue aspettative riversate addosso come un fiume in piena. Prima subite. Poi soddisfatte. Adesso?
E' un po' che non è più così. Odio profondamente questo suo atteggiamento e di questo suo continuo scaricare le sue stronzate addosso  agli altri. Al marito. Ai figli. Al prossimo.
Odio i suoi discorsi creati ad hoc per vantarsi di questa cosa o di quell'altra. Non sopporto la sua incoerenza. La sua ipocrisia. La sua ansia. La sua paura. Contagiosa come il morbillo. E' riuscita ad infettare tutti. Però si riesce a guarire.
Quello che le sto servendo è un piatto freddo che si chiama indifferenza. Evito i contatti. Non la cerco. Quando ci vediamo la guardo il meno possibile negli occhi. La mia personale rivalsa. Il mio modo di fargliela pagare.
Non puoi mica pretendere di atteggiarti in un certo modo e di non pagare il biglietto.
Se riesco a superare questa fase, cosa che coincide con una riconciliazione (anche se dubito fortemente che lei possa mai arrivare all'insight di queste argomentazioni), signficherà che probabilmente ho risolto un problema che lei non è riuscita a risolvere. Che forse non si è mai posta. Ma che sicuramente ha subito, sentito e che mi ha scaricato addosso. Come un barile di merda.
Spezzare questa catena malsana di eventi mi sembra doveroso.
L'amico Alexander Lowen mi sta dando un sacco di ottimi spunti.
Mi ci sto impegnando.
Per me. Primaditutto.
Sono io che ci perdo.
Sono io che ha una vita di relazione da schifo.
Anzi. Inesistente.
Sono io che soffro per questo.
Sono io quello che ha paura delle donne.
Sono io quello che non le cerca e che le ha provate tutte per non desiderarle.
E invece il desiderio rimane.
Però non è giusto pensare ad una compagna come completamento di quello che mia madre non è stata per me.
Non so di chi sia stata la colpa. Forse le mancanze sono state consensuali ma il risultato ha deformato me. Non lei.
Sono io quello che sta pagando adesso.
E non mi va' più.
Voglio una vita di relazione normale.
E' quello cui aspiro. Perchè adesso non ce l'ho.
Vado a cercarla.
charlieboy

giovedì 24 novembre 2011

Your life is your life

L'impressione è di non essere stato progettato per sopportare tutto questo.
(Non che stia sopportando nulla di drammatico beninteso).
Ma il senso di.. (non so come descriverlo).. di peso che sento a livello dell'emitorace sinistro (più o meno dove c'è il cuore) è una cosa che mi accompagna da una vita.
C'è sempre stato, cioè, non sempre, ma di tanto in tanto si ripresenta per farmi capire che è lì, che c'è ancora, che non è cambiato e che non se n'è andato.
Allora mi sembra di essere troppo sensibile, troppo fragile, troppo morbido per affrontare tutto quello che si può trovare fuori dalla porta di casa (ma alle volte anche all'interno).
In serate come queste avrei bisogno di una persona con la sola voglia di stringermi, con la sola voglia di capirmi e di rispettare un po' questo "peso" al cuore. Sapendo che voltato l'angolo non si rivolgerà ad un'altra persona non rispettando (o anche solo nominando) questa mia sensazione. Questa mia necessità.
Avrei bisogno di un abbraccio onesto. Ma ne ho sempre trovati pochi. E non sono durati a lungo.
Però me li ricordo. L'impressione è che siano cose rare, rarissime. Poco valutate. Poco considerate. Poco rispettate.
ciao
charlieboy

Ringrazio per le parole il sig. Charles Bukoswki.
Uno che sento vicino. Vicinissimo.
Lui non piange. Io qualche volta sì. E voi?

Il cuore che ride.

La tua vita è la tua vita
non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell'arrendevolezza.
stai in guardia.
ci sono delle uscite.
da qualche parte c'è luce.
forse non sarà una gran luce ma la vince sulle tenebre.
stai in guardia.
gli dei ti offriranno delle occasioni.
riconoscile, afferrale.
non puoi sconfiggere la morte, ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta.
e più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà.
la tua vita è la tua vita.
sappilo finchè ce l'hai.
tu sei meraviglioso, gli dei aspettano di compiacersi in te.


C'è forse qualcosa da aggiungere? Io dico di no. Ha detto tutto. In maniera stupenda.

martedì 22 novembre 2011

Eppure

Eppure il pessimo umore si trasforma.
Eppure la smorfia diventa sorriso ogni qual volta sento qualcosa di sincero.
Eppure sto bene in mezzo alle persone cui voglio bene.
Oggi una giornata bella a metà.
Ma è la metà bella che mi fa' venire sonno con il sorriso.
buonanotte.
con sorriso.
charlieboy

sabato 19 novembre 2011

The fog

Quella storia che i dubbi con l'arrivo della nebbia si erano diradati.
Bè non era vero. O quantomeno. Era vero allora. Adesso non vale più.
Mi trovo corroso. Avvelenato da continui pensieri.
Un continuo chiedersi cosa sono. Dove come quando e perchè.
Non ho un punto stabile. Non penso di essere stabile.
Non ho un filo guida. Una certezza.
Tutto è dubbio. Fatica. Incertezza.
Paura? Forse anche quella.
Ma l'amara consapevolezza di qualcosa di non definito.
Di non sentirmi definito.
In continuo moto. Alla continua ricerca di qualcosa che mi definisca.
Di qualcosa che mi permetta di comprendere e comprendermi.
E questo non è un periodo.
Sono 30 anni che è così. E sono stufo.
Perchè credo che così ci nasci e basta.
E se sono nato con troppe domande. Non credo che avrò il tempo di rispondere a tutte.
Forse non è giusto. Forse non ne vale anche la pena.
L'intima credenza è che penso che non "guarirò" da quest'attitudine.
Ero così 10 anni fa'. Sono così anche adesso.
Certo. Di differenze ce sono un'enormità ma il nocciolo della questione è sempre lo stesso.
Lo affronto nello stesso modo. Adesso ho semplicemente qualche strumento in più e la risposta a qualche domanda che mi affliggeva da tempo.
Altre domande sono lì.
Un continuo muoversi tra bene e male. Tra cose che ho fatto e che rifarei e la nostalgia di ciò che ne è derivato. La consapevolezza di aver incontrato delle belle persone che, anche se per poco tempo, sono state sincere, oneste e mi hanno voluto bene.
Qualcuno/a cui ho affidato quello che sono, qualcuno/a di cui mi sono fidato.
Ma non sono cose che durano per sempre.
Poi le cose cambiano.
Meglio che non averle fatte.
Ho pensato anche di appoggiarmi una calibro nove al palato duro e fare fuoco.
Ma non ne vale la pena.
E poi ho paura. :)
domande e risposte.
buonanotte.
charlieboy

giovedì 17 novembre 2011

On work.

Si dorme poco.
Complice la frittura di pesce e un po' di alcol è da un po' che mi rigiro nel letto.
Tra mezz'ora dovrebbe suonare la sveglia per andare al lavoro (e oggi sono pure 12 ore!), per una volta la anticipo io!
Dentro le cose vanno meglio. Rimangono certi punti. Insoluti. E forse è meglio così.
Ho la sensazione che certe dinamiche mi tocchino profondamente, intimamente. Ho l'impressione di maneggiare in modo totalmente empirico i miei limiti più profondi. Quando ci arrivo a questa sensazione è innegabile che si accendano i dubbi.
Allora nascono domande tipo: "ma sono io fuori di testa oppure sono tutti gli altri ad esserlo?".
Già, la sanità mentale (e non è detto che io ne sia portavoce :) è una cosa che mi sembra assolutamente fuori moda. Porto un esempio: la sublimazione a livello lavorativo.
Ora io non so il perchè mi dia così tanto fastidio (quantomeno non me lo spiego al 100%) però è una cosa che non sopporto. Mi fa' schifo.
La carico in definitiva di significati negativi (ecco perchè mi da così fastidio).
Cosa porta un uomo a sublimarsi su/per il lavoro?
Le motivazioni possono essere tantissime. Ovvio. Ma perchè farlo?
Per farsi vedere? Per ambizione? Per non voler affrontare le cose che non vanno?
Ecco attribuisco a questo atteggiamento sostanzialmente questo significato. Ecco perchè la sublimazione lavorativa non la sopporto. Mi sembra appartenga a gente troppo codarda per guardare in faccia la realtà.
Nel mio piccolo mi è successa la stessa cosa (circa 5 anni fa') ed capitato proprio così. Uscivo da una relazione e per non pensarci più mi sono lanciato sul lavoro.
E via 18 mesi a fare solo quello. A non vivere più. A calarmi in una realtà da malati di mente.
Per cosa? Per capire che non è servito ad un cazzo. I problemi dopo 18 mesi li ho ritrovati tali e quali. Li avevo semplicemente messi fuori dalla porta. Riaprendola, li avevo ritrovati. Tutti. Da soli non se ne erano andati. Ho dovuto mettermi d'impegno io per risolverli. Uno per uno.
Ecco perchè trovo penoso adottare un atteggiamento simile ma, mi sembra che in giro di gente che fa' così ce ne sia fin troppa. Un conto è un periodo, ma osservo quotidianamente persone che lo fanno per anni e anni e si ritrovano a 50 anni ad aprirla quella porta. E allora i problemi si sono stratificati. E allora si cominciano a fare stronzate perchè è difficile trovare delle persone che abbiano voglia di affrontare i loro problemi. Che abbiano voglia di affrontarsi.
Io questo lo faccio. Quotidianamente. Costantemente. E' anche una mia debolezza. Ma è un'esigenza che sento. Non è certo motivo di vanto ma è da qui che parte la sensazione di sentirsi solo.
E' una solitudine "mentale" non fisica. Fare i conti con se stessi non è certo facile, aggiungo che forse non serve neanche a molto. Però sono fatto così e di sicuro, dico di sicuro, non mi capiterà di sublimarmi un'altra volta sul lavoro.
Se dovessi farlo sicuramente le motivazioni sarebbero profonde, radicate, di vitale importanza.
Lanciarsi in una cosa anima e corpo per non pensare.
No grazie.
L'ho fatto e lo vedo fare con pessimi risultati.
Persone che si ingrettiscono e che innalzano la loro autostima per via del lavoro. In nome del lavoro.
Massignur. Lasciamo perdere.
La cultura del lavoro c'è ed esiste. Lavorare è importante. Non ci sono dubbi.
Ma questo modo di lavorare non è sano. Non è sano per se stessi e per i propri colleghi.
Di recente ho parlato di queste stesse cose con una persona a me vicino che secondo me sta attraversando un periodo di "sublimazione" simile. Forse ne ha bisogno. Non lo so. Ma non mi piace vederla così.
Bè non l'ha presa bene nel sentirselo dire. Ma come spesso mi capita (e forse sono io a sbagliare i modi) ha rispedito al mittente queste mie osservazioni, aggiungendo poi un sacco di critiche su quello che sono e faccio io. Normale lo so. Però...
Vabbè. La sveglia è suonata. Con pochissime ore di sonno alle spalle mi accingo a fare una doccia e poi vado a lavorare.
buonagiornata
charlieboy

giovedì 10 novembre 2011

Luna piena

Come ho già avuto modo di scrivere ad una mia amica qualche mese fa' la condizione di "luna piena" la avverto sempre.
Cambia sempre qualcosa in me in questo momento. Le cose si accentuano. Si fanno più intense. Nel bene e nel male.
Da queste parti la fase più dura, "introspettiva" sembra essersi diradata. Si dirada in concomitanza con l'arrivo della nebbia. Strani contrappassi :)
Dentro le cose sono sempre in discussione. Ne discuto con me stesso e la cosa che mi stupisce è che riesco a parlarne più o meno apertamente con le persone a me più vicine. Miglioramenti incredibili per me che ho sempre avuto paura dell'impressione altrui. Per me che mi sono sempre fatto condizionare dall'impressione altrui. Per me che l'opinione altrui aveva sempre un peso differente.
Ho imparato ad ascoltarmi cristo santo. Per fortuna!!! Ho imparato a scegliere per me. Da me. La cosa di "farsi condizionare" non è passata del tutto. Ma ci sto lavorando. Cerco di renderla innocua!
Parola di una mia amica ieri mi hanno fatto riflettere. In realtà sono piovute su un argomento arcinoto. La mia proverbiale "rigidità". Rigidità che una volta mi ha fatto pensare di essere narcisista. Ma narcisista alla fine non sono perchè le emozioni dentro ci sono. Eccome.
Insomma vedremo un po' come andremo a finire.  Mi godo gli ultimi giorni di gesso in attesa di un rientro lavorativo al 100%. Di donne nulla all'orizzonte :)
Copio e incollo la mail di qualche fa' mese con cui ho esordito. Me lo impone la luna piena.


"E succede così, sempre, o quasi, ogni notte di luna piena. Manco fossi un licantropo, manco mi spuntassero le zanne e peli dovunque. Eppure, sarà un caso, ma la luna piena la percepisco, per carità, niente di straordinario ma è come se acuisse le mie sensazioni.
Non da una direzione precisa al mio umore ma, se sono triste sono semplicemente più triste, se sono allegro allora sono più allegro, se ho voglia di scopare, allora ho proprio tanta voglia di scopare.
E' da un po' che raccolgo “dati” a riguardo e devo dire che sì, una correlazione luna-sensazioni c'è, sarà indomostrabile ma c'è.
Nei giorni di luna piena mi sembra di essere più bello; è molto probabile che non lo sia ma mi sento meglio davanti allo specchio.
E stasera manco a farlo apposta è una serata di luna piena, non mi sento triste ma essendo un giorno  particolare, mi sento “quasi” triste e se mi sento “quasi” triste allora mi viene da scrivere.
Le frasi più belle, quello che arrivano da sole mi vengono in mente sempre mentre cammino o mentro attraverso la strada, comunque in momenti dove non ho la possibilità di catturarle.
Stasera quindi è così, tratta P. C., e ci risiamo, quella cert'uggia che riaffiora, in un momento particolare perchè qualcosa a breve cambierà ma anche perchè c'è quel disco giallo lassù.
Giornata afosa, torrida, ma se ci penso, chissenefrega, voglio scrivere di me ma non ci riesco perchè sto pensando che forse questo foglio lo farò leggere a qualcuno/a e allora la naturalezza fa a farsi fottere, lo devo scrivere per cercare di esorcizzarla. Cosa difficile perchè è un meccanismo cui sono abituato, a fingere, a pensare sempre a quello che pensano gli altri, a fare bell'impressione, a pensare che quello che ho da dire non è forse così interessante e che allora devo adottare le idee di un'altra persona per sentirmi a mio agio, confortato dal fatto che sono cose che non penso solo io, ma che almeno le pensiamo in due. In questi termini, la solitudine mi fa tanta paura, una solitudine mentale, mica fisica, per quella c'è la pornocrazia internettiana e la mia fedelissima mano sinitra, che mi conosce meglio di quello che potrà mai conoscere una donna.
Ah, la donna, tasto dolente, lo è sempre stato, ma adesso ancor di più perchè lei sta per tornare e la cosa sta per finire. Mi dispiace, mi dispiace su mille fronti, per quello che c'è stato e per i bei momenti, per quella sensazione che forse non sono mai riuscito a provare: di sentire soddisfatta la mia voglia di vita. Con lei mille cose, mille progetti, serate, concerti, pizze, menu, cucina in casa, fare i mestieri, trovarsi a trovare le amiche, fare un giretto, il tram la metro, i locali e lo shopping, le fotografie, le chiacchiare, i racconti, i giornali, i risvegli e i brunch fatti in casa, le vacanze, malta, il non sentirsi da soli.
Tutto bello, tutto bellissimo, tanto affetto, poco amore, sesso pessimo. Così non va. Così' non può andare io lo so, lei lo sa. Però dispiace. Per un attimo ci siamo stati vicini, compresi, senza volere nulla in cambio, senza che ci fosse amore, ma volendo bene all'essere umano che ci stava in parte. Forse è questo il rapporto perfetto! Forse me ne pentirò ma ho bisogno di quella sensazione, quella che in questi mesi è mancata, rimpiazzata da tutte quelle cose dette sopra che ti fanno prendere tempo ma che ti fanno capire che è soltanto un prendere tempo. Che le cose non cambieranno. Che tu probabilmente non cambierai. Ma che sicuramente sei migliorato e scusate se è poco.
Eccolo qua.. comincio a parlare in terza persona. Lo faccio sempre quando mi sento solo con i miei pensieri, è come se parlando in terza persona descrivessi una persona che conosco e con la quale sono d'accordo. Risultato? Non sono più da solo a pensarlo ma siamo in 2.
Che simpatico trucchetto! E pensare che è assolutamente incoscio. Me l'hanno dovuto spiegare perchè me ne accorgessi altrimenti.. bè sarei al punto d'inizio. E invece di strada sento che ne ho fatta, mi capisco di più e mi accetto di più e sono più contento. Sono decisamente più contento.
Quello che rimane è qualcosa che si ripropone da anni, il mio rapporto malato con la città di C., la mia città natale, una città che non capisco e che assurdamente sento che non mi capisce, mi sono sempre sentito diverso dal popolante, e mica intendo migliore, ma diverso, come se certe dinamiche tipiche di paese e che io associo inequivocabilmente a C. succedessero solo qua. Come se fosse l'origine del male, l'epicentro della stronzaggine, la voragine dell'ottusità, la causa del mio “non vivere”. Sarà stata l'adolescenza vissuta o più precisamente non vissuta, sarà il non fidarsi che è meglio così, che tanto lo sai che tutti te lo vogliono buttare in culo, sarà stato il non essermi ascoltato per troppo tempo ma adesso sento di essere in debito con la vita. Magari è una stronzata ma è così.
Mi sento (e a ben vedere mi sono sempre sentito) così pieno di vita che devo, ribadisco devo, fare quello che mi piace, quello che voglio. Impedimenti? Bè ce ne sono sempre stati, in primis gli amici, con quella metodica del “ma che cazzo fai?” “ma che cazzo ti sei messo in mente?” insomma vaffanculo ogni motivo era buono per lasciare per mollare, la logica dei cazzinelculo la logica del malasciaperderechepoifiniscemale la logica del lasciare a tutti i costi perchè se non desideri nulla non puoi perdere perchè hai già perso.
Questo è stato il leitmotiv della mia adolescenza, combattuto tra gli stimoli esterni, meglio definire i “non” stimoli esterni come “ingerenza” esterna e tutto quello che mi ribolliva dentro, come un vulcano, anzi, esattamente come un vulcano. E allora via a mangiare merda, a papparsela la merda, a riempirsi il piatto e poi fare il bis... quanta merda, merda dappertutto. Per cosa?
Per capire che era semplicemente una stronzata fare così. Non ci scappi da te stesso. Non ci scappi dai tuoi desideri. Prima o poi quello che sei esce, prepotente, però è una prepotenza buona, naturale, terapeutica. Un detto dalle mie parti dice: “da una mela non viene fuori una pera”. E' esattamente questo. Io non ho finto di essere ma partivo da un altro punto. Negavo di essere ciò che ero e quindi, ciò che sono.
Vado particolarmente fiero del fatto che sto parlando in prima persona. La vergogna su questi argomenti l'ho superata!
L'essere così è stata ed è costantemente scoperta di se stessi, cose che all'alba dei 30 anni avrei e dovrei avere già fatto.
Ma sono così, di questa generazione che spero abbia l'onestà di capire che per molti l'adolescenza finisce intorno ai 30 anni, come nel mio caso. A ben vedere i tempi di svezzamento si stanno allungando. Le madri finiranno di allattare intorno ai 15-16 anni.
Per le solite comparazioni statistiche il mio bisnonno (cioè 3 generazioni fa) nato a C. il 21 aprile 1889 aveva già sfornato un figlio e aveva già trovato il tempo per morire, ferito da un mitragliatore, sul carso il 17 maggio 1917. A vedere le foto, pur essendo più giovane di me, sembra comunque mio padre.
Vabbè, lo so, ci sono mille spiegazioni a tutto questo, la dieta, la vita, i ritmi, il lavoro, le condizioni igieniche, la condizione socioculturale, tutto quello che volete. Le differenze rimangono. La società era una cosa diversa. Si chiedevano cose diverse. Si sviluppavano persone diverse.
Mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Come tante altre persone. Ma non si può."
Buonanotte.
charlieboy

martedì 1 novembre 2011

L'Italia nel pozzo.

Di qua e di la'.
Come una vela al vento. Rabbia. Parole dure. Passi. Lacrime.
Giornata passata a pensare. Pensare a quello che sono. Ai vari "perchè" in special modo ai "perchè sono così?".
Ed è tutta così. Una giornata a corrente alternata. I primi momenti rabbiosi, introspettivi, onanistici. Gli ultimi a cercare risposte. A pensare che forse so quello che cerco. Che forse so quello che mi serve per essere felice. E non mi riferisco solo ad una donna. Ma a tutto quello cui reputo strettamente interconnessa la felicità. Una vita semplice. Circondato da poche persone (semplici). Sentirmi utile per qualcosa e per qualcuno. Questo. Niente di più. Lontano dalle stronzate. Lontano dal potere. Lontano dai sensi di colpa.
E stasera ho visto "L'Italia nel pozzo", la storia di Vermicino. La conoscevo sommariamente. A distanza di 30 anni ho versato lacrime di fronte a quello strazio, come si potrebbe non farlo sentendo quella voce che grida "mamma" ? E di nuovo a chiedersi "perchè?".
Pochissima benevolenza dall'alto dei cieli. Se uno la vuole deve incominciare a metterla in atto, adesso, ora e subito.
Siamo quello che facciamo.
Sono quello che faccio.
buonanotte
charlieboy (e un po' di rum).