martedì 23 settembre 2014

Coprolalia #2

Di fatto ho tutti gli elementi per poter scrivere: coprofagia #2 .
Le stesse situazioni lavorative, gli stessi scontri peraltro (e purtroppo) con la stessa persona.
Come sul ring.
Peggio però, perchè sul ring almeno ci sono delle regole.
Qui invece vale, quasi, tutto.
Bassezze, falsità, finzione, il tutto frammisto ad una semplice domanda: "Perchè quella persona è lì? Con quale diritto? Con quali titoli?".
Se uno si pone queste domande è ovvio che, probabilmente, sotto sotto qualcosa ci cova.
In Italia (forse anche dalle altre parti) conta ancora essere "amico" del vescovo, essere attaccato alla sottana del prete, essere in massoneria, nei Laions o negli Arrotaty (errori voluti).
E' come se, in se e per se, le competenze, l'impegno e la professionalità non bastassero.
Come se ci fosse bisogno, sempre e comunque, di qualcos'altro.
Giusto l'altra sera, prima del casino e delle varie tirate di orecchie ricevute guardavo uno dei tanti programmi di giornalismo d'inchiesta.
Parlavano di un problema specifico, il trasporto pubblico, ma a ben vedere, la verità sottesa, almeno ai miei occhi, a queste argomentazioni (che valgono quanto le altre) è sempre quella: "se i vertici, se i dirigenti facessero il loro lavoro, certe situazioni non esisterebbero".
Io per lavoro mi trovo troppo spesso a dover derogare dal regolamento e questo per carenze croniche di personale e alle volte di strumentazioni.
Ciò arreca rischi ed esponi chiunque ad una possibile ripercussione di natura legale.
Se i "controllori" informati della situazione svolgessero il loro ruolo creerebbero strategie di uscita, permetterebbero alle "lamentele" di andare verso l'alto, cioè di seguire il loro flusso fisiologico.
Invece le "lamentele" (giuste o meno) ristagnano nei bassifondi (dove lavoro io), i vertici piazzati da qualche altro "vertice" se ne stanno buoni e non rompono i coglioni a nessuno proprio perché ciò è stato stabilito a priori.
"Io ti piazzo lì, però poi non devi rompere il cazzo".
"Quindi tieni buoni tutti, prometti prometti e non fare mai nulla".
La cosa che mi stupisce è che pare che per trovare questo atteggiamento ci sia bisogno di andare in Parlamento.
Balle.
Basta andare in comune, all'università, in ospedale, in biblioteca, all'archivio di stato...
Le dinamiche sono sempre le stesse.
I problemi, con le possibili relative soluzioni, si arenano sempre ai livelli più bassi.
I dirigenti hanno altre cose cui pensare, tra le quali nominare delegati per diluire le responsabilità e che vengono sottoposti allo stesso tipo di ricatto: "io ti do, però poi non devi darmi pensieri".
E via così.
In una spirale che vede i livelli dirigenziali più bassi sorbirsi tutto ciò che non va.
Ecco come la democrazia è stata svuotata del suo significato.
Ecco come impedire a chiunque di svolgere, nel pieno delle sue funzioni, il proprio dovere.
Forse tutta questa "stabilità"
non ce la meritiamo proprio
charlieboy

martedì 16 settembre 2014

arrampicando

Arrivati a destinazione prepariamo in silenzio il materiale.
Mezz'ora di cammino nel bosco, poi una radura, poi ancora bosco, poi una radura.
Spuntiamo esattamente sopra alla parete.
Butto un occhio 200 metri più in basso e penso che non ci riuscirò.
Scendiamo lungo un angusto canale. In mezzo un piccolo ruscello.
Intorno vegetazione cresciuta nonostante il percorso sia parecchio ripido.
Arriviamo alla base della parete.
Un ghiaione ci porta sotto all'attacco della via.
Il mio compagno di cordata parte.
Movimenti all'inizio grossolani e mano a mano più convinti e precisi.
Per quello che ne so (e cioè poco) nell'arrampicata i primi 10 metri di ascesa (per me) sono sempre i peggiori.
Lui sbuffa un po', sbatte le mani, il freddo della roccia intorpidisce le dita e i polpastrelli sembrano diventare di plastica.
Le prese non sono mai sicure e non si capisce mai se la mano terrà o meno.
Scompare sopra un salto di roccia.



Dopo un po' sento strattonare la corda. Posso partire.
Infilo le scarpette.
Sento la paura salire su, dal basso verso l'alto, esattamente come la direzione che dovrò seguire nelle prossime 3 ore.
Salgo un metro e mezzo, non di più.
Sento una paura forte.
Mi blocco.
Le gambe tremano. Respiro.
Cerco le prese.
La roccia sembra piena di asperità ma niente che mi convinca.
Eppure il mio compare è passato proprio di qua.
Rimango forse 10 minuti nello stesso punto.
Non vado ne avanti ne indietro.
Penso che ancora una volta ha vinto la paura.
Che, esattamente come l'anno scorso, dovrò abbandonare a pochi metri da terra.
Poi prova a prenderla in modo diverso.
Invece di "farmi coraggio", lascio che la paura fluisca, faccia il suo corso, mi faccia trovare una soluzione, anche se questa può significare: ritirata.
Provo a spostarmi sulla sinistra, un traverso di due metri non di più.
Sotto di me sempre 1 metro e mezzo. Nulla di più.
A sinistra salgo con un piede, poi l'altro.
Le mani, ancora fredde trovano prese che mi convincono, che sì, quel passo si può fare, che posso salire ancora un po'.
Stacco il primo rinvio.
Guardo verso l'alto.
Mi pongo l'obiettivo di andare a staccare il rinvio successivo.
Cinque metri, forse.
Lo sgancio.
Poi un altro rinvio, poco più in alto.
La sequenza di prese mi obbliga a caricare la gamba sinistra e a cercare quello che sembra un bello spuntone di roccia da prendere di rovescio.
Quel pezzo di roccia in mano mi da sicurezza.
Salgo ancora e non guardo giù.
Non mi interessa sapere di quanto sono salito.
Piego sulla destra, la roccia si inclina, diventa meno ripida.
Vedo il mio compare.
"Pensavo non arrivassi più" esclama.
"Mi sono incartato a 1 metro e mezzo da terra" rispondo sorridendo e con il fiatone.
Arrivo in sosta.
Riparte.
E poi di nuovo io.
Salgo verso l'alto ed è come si mi ci abituassi.
Come se diventasse tutto normale, naturale.
I movimenti ora sono precisi ed armonici.
Il freddo dell'inizio è passato.
Le manovre fatte con la corda sono ora molto più rapide, come se avessimo adottato un "metodo comune".
Arrivo alla fine, 200 metri più in alto ed è un po' come si mi dispiacesse.
Lascio la paura attaccata alla roccia e mangio focaccia e speck.
Parliamo del più e del meno in una strana atmosfera rilassata.
Poi, senza dire niente, prepariamo il materiale e torniamo alla macchina attraversando il bosco superato in mattinata.
Tanti funghi e pure tante betulle.
La mattina non me n'ero neanche accorto.
Al bar, in paese, due birre cadauno che mi sono sembrate buonissime.
In macchina, di ritorno per i fatti miei, uno strano senso di leggerezza che avevo già provato 3 anni, in occasione della "prima" in parete.
Questa la colonna sonora. ( https://www.youtube.com/watch?v=VerK4zwMRQw - Kate Bush. Hounds of love)
una bella giornata
charlieboy

giovedì 11 settembre 2014

analisi

Mi sono riletto, per curiosità, i primi post.
Era il 2011. Il primo post è del 28 Agosto. L'ho scritto qui, più o meno nell'identica posizione in cui mi trovo ora.
Ai tempi avevo finito da circa un mese un periodo di psicoterapia.
Ne sentivo il bisogno e mi trovai contento della decisione.
Rileggo i primi post e scopro certe parole chiave che poi sono tornate fuori, negli anni a venire.
Interessante, mi viene da pensare.
Quel periodo ad analizzarmi è paragonabile al sasso tirato in uno stagno.
Ho perturbato il sistema, la superficie dell'acqua ha iniziato ad incresparsi, ha iniziato a muoversi.
Già, il movimento.
Per questi anni ho continuato a lanciare sassi nello stagno.
L'acqua è ancora in movimento.
Chiaro che ha la sua inerzia ma lo stagno brulica ancora di vita, di prospettive e anche di cose che mi fanno paura, tanta paura.
Il blog ha compiuto 3 anni.
Il proposito scritto al di sotto del titolo è stato rispettato. 
Ho continuare a lavorarci su di me.
Non ho smesso di dialogare, di provarci a capire qualche cosa di più.
Il percorso è stato lungo ( e sarà lungo) e, finalmente, ho trovato un punto intermedio, una di quelle cose che ti fa esclamare: "Ecco, adesso ci siamo".
L'ho capita, finalmente, quella parte di me che genera buona parte delle cose che mi fanno soffrire ora.
L'ho trovata la parte che mi fa restare da solo, che non mi fa rispondere al telefono, che mi porta a schivare quasi tutto.
Domani ricomincio.
Ricomincio con l'analisi.
Ho bisogno di una mano.
E sono tanto stanco di provare vergogna.
charlieboy