domenica 30 settembre 2012

Apocalypse now

Ma a chi cazzo viene in mente di tradurre: "My war gone by. I miss it so" con "Apocalisse criminale"?
Bah. Chiunque sia, il criminale è lui. Non c'è alcun dubbio.
Come non c'è alcun dubbio che il titolo: "La mia guerra è finita e mi manca molto" sarebbe stato sicuramente migliore e avrebbe reso, alla prima occhiata, meno ridicolo un libro che, per inciso, di ridicolo non ha nulla e del quale consiglio la lettura.
Sì perchè Anthony Loyd, che poi è l'autore, descrive nel suo personalissimo modo la guerra nella ex-Yugoslavia. Il casino della guerra. Il casino di una guerra combattuta tra vicini di casa dove odio, diffidenze e rancori sono stati sepolti dalla sottile crosta stesa dal generale Tito e che, nei tempi e nei luoghi più opportuni, ha avuto modo di esplodere in tutta la sua orribile brutalità. Una guerra dove non si capisce quali siano le fazioni e nella quale si capiscono ancora meno le linee del fronte.
"Alla periferia di Vitez si trovava una delle più grosse fabbriche di esplosivi della ex Yugoslavia. Controllate dall'Hvo [esercito regolare croato], le sue riserve deteriorate richiedevano solo una conoscenza ingegneristica rudimentale per essere convertite in esplosivi. I croati si fecero prendere a tal punto la mano che trasformarono l'intero complesso in una gigantesca bomba, collegando i depositi ai detonatori, dopodichè minacciarono di farli esplodere se i musulmani avessero lanciato un attacco in forze sulla città. Gran parte della Lasva [controllata dai croati] sarebbe scomparsa sotto un fungo distruttivo. In altre guerre, in altre nazioni, forse avremmo riso dell'enormità di quella minaccia. Di fatto, la psicologia della guerra in Bosnia era pervasa dal suicidio. Deriderla era un rischio".
Tutte cose che si sanno già, ma leggere questo libro è qualcosa di diverso.
Primaditutto lo scrittore non è un reduce, egli narra in prima persona ciò che vede, ma che non gli appartiene; uno spettatore di fronte ad una guerra non sua.
Secondo, il vissuto di Loyd non è certo comune, ex militare, tossicodipendente, si iscrive ad un corso di fotografia e decide di partire, senza alcun contratto, come fotografo freelance verso Sarajevo.
Scoprirà nei balcani un modo semplice e rapido per non "farsi più di eroina" e cioè "farsi di guerra".
Anni e storie raccontate con una lucidità ed un punto di vista tutt'altro che banale, alternati ai brevi periodi passati in Inghilterra, a Londra, tra noia e dosi di "brown sugar".
"I vizi tendono a vivere più a lungo delle guerre, anche se i primi mi tengono inchiodato alle seconde, e a questo punto mi riesce ogni giorno più difficile individuare la differenza tra i due: sono entrambi conflitti, uno consumato all'interno, l'altro all'esterno. Ed è solo l'inizio. Scruta un po' più a fondo dall'angolazione viaggio-morte e vedrai solo una serie di incestuosi gemelli uniti per il collo che si alimentano e si scopano a vicenda: simmetra ed equilibrio perfetti."
Da giornalista si guadagna i contratti che gli permettono di andare avanti come freelance per diventare infine inviato di guerra del Times.
" Se leggi la notizia su un giornale magari non lo provi, magari cadi nella vuota sterilità della frase "pulizia etnica" senza mai comprendere cosa davvero sia: persuadere con il terrore. Fuori dalla Bosnia numerose persone non si limitarono a cadere in quel vuoto. A guerra terminata, uno degli editorialisti che scriveva sulla Bosnia senza mai esserci stato, suggerì che la "pulizia etnica" era una buona idea poichè conduceva alla definizione di confini pacifici simili a quelli tra Inghilterra e Scozia. Era anche compiaciuto di tale paragone. Se gli avessero stuprato la figlia sotto gli occhi, forse sarebbe stato di un'altra opinione".
Dalla Yugoslavia si sposta poi in Cecenia, nel 1995:
"La guerra in Cecenia. Non avevo mai visto nulla del genere. In termini di violenza, di terrore e di orrore superò tutto quello che avevo visto in precedenza, fino a renderlo quasi insignificante. Si possono misurare i conflitti a seconda dell'intensità: bassa, media e alta. La Cecenia fece saltare il termometro e mi rivelò un eccesso della guerra che ignoravo. Da quel momento, la mia comprensione della guerra non fu più la stessa. Conobbi l'inferno, quello vero."
Un episodio che mi ha colpito:
"La mia esperienza personale di quella brutalità fu di natura più domestica; vale a dire quando un vicino di casa sparò al cucciolo che avevo adottato. Il cane aveva preso uno dei suoi polli, l'uomo allora comparve con un Kalashnikov in mano mentre io ero altrove e falciò il cucciolo sul vialetto di accesso alla casa. Preso dalla collera, barattai una bottiglia di birra con una granata, mi procurai del filo di ferro e architettai una trappola esplosiva che lo cogliesse di notte fuori della sua latrina. Il piano era fantastico: appena l'ammazzacani avesse aperto la porta, il filo avrebbe tirato la linguetta della granata e lui sarebbe finito all'inferno prima di avere il tempo di calarsi le brache.
Purtroppo un amico croato, che non aveva certo problemi a uccidere, mi convinse di rinunciare al mio piano, facendomi notare che qualcun altro avrebbe potuto usare il bagno prima dell'ammazzacani... di ragioni per uccidere in Bosnia ce ne sono a volontà, non c'è bisogno di tirare in ballo anche i cani morti. Accantonai l'idea."


"Amore odio, guerra pace, vita morte, crimine e giustizia: dire che la mia mente si stava dannando per cercare di mettere ogni cosa al suo posto sarebbe riduttivo. Cercavo di aggrapparmi ai valori che avevo appreso in tempo di pace e nel corso dell'infanzia; potevo usarli per zittire chiunque avesse chiesto chiarimenti, ma dietro tutto ciò, io e gli altri condividevamo l'inquietudine di una moralità capovolta. La guerra: non si deve credere al suo luccichio, potrebbe essere il paradiso come l'inferno. Alcuni si liberarono dal tumulto mentale che la guerra provocava, tornarono alla loro vita e mantennero la loro prospettiva. Altri morirono. In troppi, come me, si gettarono nelle onde senza mai guardarsi dietro, finchè non andarono a sbattere contro la risacca."

charlieboy

venerdì 28 settembre 2012

autumn leaves

Rileggo cose scritte. Scritte magari sul cesso.
Sorrido.
Sorrido per la capacità che sono riuscito a sviluppare nello spiegarMi.
Ovviamente è uno spiegarmi rivolto a me stesso, un darmi spiegazioni, alle volte, giustificarmi.
Poco importa.
Estramamente confortante sapere che il giochetto mi riesce.
Che ogni tanto la magia coinvolge anche me. Per qualche istante almeno.
Imbarazzante è rileggere cose che invece non avrei, con il senno di poi, voluto scrivere.
Ma va' così, e allora non c'è davvero nulla da aggiungere.
Scrivo molto e "pubblico" poco.
mi sto chiudendo sempre più in me stesso
charlieboy

giovedì 20 settembre 2012

2 modi

Qualche idea legata allo scrivere che mi frulla in testa.
Gira veloce, non si fa' prendere e se ne va.
Qualcosa sto maturando. Ma esattamente non ho ancora capito cosa ne uscirà fuori.
Un'altra teoria unificante? Oppure qualcosa che mi porti lontano da qui?
Perchè è quello di cui avrei bisogno ora. Andarmene lontano.
Dalle dinamiche e da quello che mi fa' schifo. Per capire poi, probabilmente, che non è sufficiente fare della strada per evitare di portarselo dietro o, per meglio dire, che qualcuno, e forse più d'uno, c'ha già pensato ad esportarlo, ben prima della mia ipotetica fuga.
A prescindere, mi sembra necessario rendere omaggio ad un certo Calvino Italo che se n'è andato il 19 Settembre di 27 anni fa'.
Servono poche parole per ricordarlo. C'ha pensato lui a scriverle.
Lampi di buon senso.
Non mi pare che ci sia molto da aggiungere.
Ciao Italo
e grazie
charlieboy

"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso e richiede attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."

giovedì 13 settembre 2012

La verità (non abita più qua)

Esco un po'.
La serata è bellissima. Un cielo splendente. Un sacco di stelle.
Aria frizzante.
Potrebbe essere una giornata di primavera oppure d'autunno.
E invece è ancora estate.
Respiro quell'aria che si respira solo al cambio di stagione.
Quell'aria che ti riempie ben ben il torace, che ha pure un buon sapore.
Mi viene in mente una canzone di qualche mese fa'.
Forse la stavo ascoltando in una giornata simile a questa. Boh.
La fischietto tornando a casa.
E la ritrovo in tutto il suo splendore.
charlieboy
http://www.youtube.com/watch?v=crogyWL9f04

"..la gente non vuole sapere da dove vieni o dove vai
è pronta dirti che sei ingrassato
più che a chiederti come stai
con il muso lungo e le fauci ben visibili
si ciba d'invidia in pillole commestibili."

sabato 8 settembre 2012

Dignità n° 2

Oggi sono stato al ristorante con il mio vecchio.
Era un sacco che con lo vedevo.
Era tanto che non ci facevo 2 chiacchiere.
Mi ha fatto piacere.
Niente di che.
Però è qualcosa di nuovo. Di diverso.
E penso che è da lui che ho imparato il senso di dignità.
Dignità che arriva dritta dritta dai campi della pianura padana.
Dal raccogliere quello che semino.
Dall'avere il coraggio di guardarmi sempre in faccia.
Dall'essere autocritico.
Dal pudore di non svendermi.
Dal pudore di non vendermi.
Dal coraggio di essere quello che sono, anche se alle volte i lati negativi superano, e di gran lunga, quelli positivi.
Eppure è così che mi piace essere e provo un conforto ed un compiacimento micidiale nel vedere sul lavoro quelli che così non sono.
Leccaculismo, doppiogiochismo, falsità, incapacità professionale, miseria umana.
Tutte cose che si stratificano più si alza il livello.
Più il quadro diventa dott. rag. geom. grand. figl. di putt. più queste caratteristiche si presentano.
Ma è questo il modo di fare?
Se è così allora sono condannato a non contare un cazzo per tutta la vita :)
E lo dico sorridendo, senza autocompiacimenti.
Il lavoro è popolato di gente così, quelli che ti vogliono dire quello che devi fare e quelli che invece stanno zitti perchè si sa mai... metti il caso che... metti che succede che... o semplicemente.. perchè mi fa' comodo così.
Così non mi va.
Non cerco alleanze.
Non cerco sgravi fiscali.
Dico quello che penso.
Costi quel costi.
Anche se tutti me lo sconsigliano.
Infin dei conti.
non me ne frega un cazzo
charlieboy

venerdì 7 settembre 2012

alla rovescia

Niente di straordinario.
Niente che non si possa ascoltare già in "Gente della notte" del vecchio Jovanotti eppure ultimamente vivo alla rovescia.
Lavoro quando gli altri dormono o si riposano e riposo quando si lavora.
Mi ha sfasato un pochettino i ritmi eppure, imbottito di caffè, stacco "performance" mai fatte prima.
Che il lavoro stia acquistando un senso?
In rare occasioni ho l'impressione di sì, ma lo dico sottovoce e credendoci pure poco.
Però la colazione con vista tangenziale con la brioche e il caffè me la sono goduta proprio.
e quando sorge il sole dire
buonanotte
charlieboy

martedì 4 settembre 2012

Dignità

Sul lavoro ho visto recentemente cose straordinarie.
Straordinarie, almeno per una volta, in senso positivo.
Ho visto un uomo di 92 anni prendere in mano la sua vita e condurla dove voleva Lui.
Per l'ennesima volta.
E ho pensato che ci vuole un grande coraggio.
E che, forse, io questo coraggio non ce l'ho.
Ne ce l'avrò mai.
Già perchè serve una lucidità e una dignità non indifferente per sapere scegliere.
E prendere una decisione quando questa significa vivere o morire bè, le cose le complica parecchio.
Ho visto serenità nei suoi occhi. Sapeva esattamente quello che stava facendo.
Non c'è dubbio, eppure me l'ha chiesto.
"Secondo Lei, faccio la scelta giusta?"
La domanda del secolo.
A 31 anni non sono in grado di rispondere ad una cosa del genere.
Non ce la faccio, sapendo che dietro c'è la vita o la morte. Lo zero o l'uno. Il bianco o il nero.
Neanche la medicina, che si pretende troppo spesso di voler imporre, sa dirlo se la scelta è giusta o meno.
Si possono sciorinare dati, statistiche, prognosi, probabilità ma niente di più.
Niente che conforti davvero.
Niente che aiuti davvero.
Perchè la questione qui va oltre i numeri, i medicinali, le terapie, gli interventi chirurgici.
Perchè dietro questa domanda, c'è la vita e la morte.
Unite, insieme, come sempre sono state.
Perchè la medicina di oggi è: difendersi dalle denuncie, è fare cose contro senso, è valutare il particolare senza vedere tutto quello che ci sta attorno, è tirare avanti come se fosse sbagliato fermarsi e chiedersi: "ma cosa cazzo stiamo facendo?".
Sono uscito da quella stanza con l'assoluta convinzione che quell'uomo abbia fatto la cosa giusta.
Ha dato un insegnamento straordinario a tutti quelli che volevano porsi come "curanti" dando una lezione di buon senso, di assoluta accettazione di quello che prima o poi succede, ovvero morire.
Ha preso per mano la sua vita e l'ha condotta dove voleva Lui.
un'ultima volta
charlieboy