giovedì 17 novembre 2011

On work.

Si dorme poco.
Complice la frittura di pesce e un po' di alcol è da un po' che mi rigiro nel letto.
Tra mezz'ora dovrebbe suonare la sveglia per andare al lavoro (e oggi sono pure 12 ore!), per una volta la anticipo io!
Dentro le cose vanno meglio. Rimangono certi punti. Insoluti. E forse è meglio così.
Ho la sensazione che certe dinamiche mi tocchino profondamente, intimamente. Ho l'impressione di maneggiare in modo totalmente empirico i miei limiti più profondi. Quando ci arrivo a questa sensazione è innegabile che si accendano i dubbi.
Allora nascono domande tipo: "ma sono io fuori di testa oppure sono tutti gli altri ad esserlo?".
Già, la sanità mentale (e non è detto che io ne sia portavoce :) è una cosa che mi sembra assolutamente fuori moda. Porto un esempio: la sublimazione a livello lavorativo.
Ora io non so il perchè mi dia così tanto fastidio (quantomeno non me lo spiego al 100%) però è una cosa che non sopporto. Mi fa' schifo.
La carico in definitiva di significati negativi (ecco perchè mi da così fastidio).
Cosa porta un uomo a sublimarsi su/per il lavoro?
Le motivazioni possono essere tantissime. Ovvio. Ma perchè farlo?
Per farsi vedere? Per ambizione? Per non voler affrontare le cose che non vanno?
Ecco attribuisco a questo atteggiamento sostanzialmente questo significato. Ecco perchè la sublimazione lavorativa non la sopporto. Mi sembra appartenga a gente troppo codarda per guardare in faccia la realtà.
Nel mio piccolo mi è successa la stessa cosa (circa 5 anni fa') ed capitato proprio così. Uscivo da una relazione e per non pensarci più mi sono lanciato sul lavoro.
E via 18 mesi a fare solo quello. A non vivere più. A calarmi in una realtà da malati di mente.
Per cosa? Per capire che non è servito ad un cazzo. I problemi dopo 18 mesi li ho ritrovati tali e quali. Li avevo semplicemente messi fuori dalla porta. Riaprendola, li avevo ritrovati. Tutti. Da soli non se ne erano andati. Ho dovuto mettermi d'impegno io per risolverli. Uno per uno.
Ecco perchè trovo penoso adottare un atteggiamento simile ma, mi sembra che in giro di gente che fa' così ce ne sia fin troppa. Un conto è un periodo, ma osservo quotidianamente persone che lo fanno per anni e anni e si ritrovano a 50 anni ad aprirla quella porta. E allora i problemi si sono stratificati. E allora si cominciano a fare stronzate perchè è difficile trovare delle persone che abbiano voglia di affrontare i loro problemi. Che abbiano voglia di affrontarsi.
Io questo lo faccio. Quotidianamente. Costantemente. E' anche una mia debolezza. Ma è un'esigenza che sento. Non è certo motivo di vanto ma è da qui che parte la sensazione di sentirsi solo.
E' una solitudine "mentale" non fisica. Fare i conti con se stessi non è certo facile, aggiungo che forse non serve neanche a molto. Però sono fatto così e di sicuro, dico di sicuro, non mi capiterà di sublimarmi un'altra volta sul lavoro.
Se dovessi farlo sicuramente le motivazioni sarebbero profonde, radicate, di vitale importanza.
Lanciarsi in una cosa anima e corpo per non pensare.
No grazie.
L'ho fatto e lo vedo fare con pessimi risultati.
Persone che si ingrettiscono e che innalzano la loro autostima per via del lavoro. In nome del lavoro.
Massignur. Lasciamo perdere.
La cultura del lavoro c'è ed esiste. Lavorare è importante. Non ci sono dubbi.
Ma questo modo di lavorare non è sano. Non è sano per se stessi e per i propri colleghi.
Di recente ho parlato di queste stesse cose con una persona a me vicino che secondo me sta attraversando un periodo di "sublimazione" simile. Forse ne ha bisogno. Non lo so. Ma non mi piace vederla così.
Bè non l'ha presa bene nel sentirselo dire. Ma come spesso mi capita (e forse sono io a sbagliare i modi) ha rispedito al mittente queste mie osservazioni, aggiungendo poi un sacco di critiche su quello che sono e faccio io. Normale lo so. Però...
Vabbè. La sveglia è suonata. Con pochissime ore di sonno alle spalle mi accingo a fare una doccia e poi vado a lavorare.
buonagiornata
charlieboy

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