mercoledì 18 aprile 2012

Rhapsody in blue (something about boxing).

rapsodia: composizione a un solo movimento di carattere molto libero e variegato.

Mattina presto. Ore 6.30.
Non ho quasi chiuso occhio stanotte.
Troppa agitazione.
Ieri sera al boxing club sono finito KO per la prima volta.
[ce ne sarebbero state altri 2 negli anni a venire. Almeno per ora, ndr]
Non era mai successo. Ero lì, all'angolo neutro (quello colorato di bianco), il tizio di fronte mi pressava parecchio. Boxe d'aggressione.
Sfruttando le lunghe leve cercavo di tenermelo lontano.
Macchè, non funzionava molto ieri sera.
Il jab destro frustava l'aria, ma era lento, il tizio per stile pugilistico ed essendo anche più basso cercava la sua di misura.
Un'infame media distanza alla quale è impossibile sottrarsi ai colpi, alla quale è difficile legare.
Ai tempi il clinch sapevo poco cosa fosse, e allora mi trovavo a cercare di boxare in movimento.
Ma quella sera niente. Non girava un granchè. Gambe lente.
[Scoprii anni dopo che non era lo stile migliore per affrontare questo tizio, ndr]
Ecco allora che giravo con le gambe ma nulla, il tizio sempre lì, a pressare, a sbuffare, con quella sua brutta guardia scomposta.
Cercava la misura per il sinistro.
Mi sono trovato all'angolo neutro per l'appunto, lui accenna un diretto destro al volto, mi copro, e... bam... scoppia un diretto sinistro al plesso solare (alla stomaco).
Buio.
Luci spente, per un secondo, forse due.
Mi ritrovo per terra.
Non so come ci sono arrivato.
Respiro ansimante.
Niente dolore.
Com'è che sono qui?
Provo a rialzarmi.
Ecco adesso lo sento.
Adesso fa male.
Brucia.
Come la gastrite.
La gastrite causata da una bordata.
Stupore e spavento.
Ferito, non per il male allo stomaco.
Ma per l'umiliazione imposta.
Eccolo qui. Benvenuto nel pugilato.
Eccolo qui il senso.
Pugni e schivate, rabbia per qualcuno, passione per qualcun’altro.
Certo che se non accetti il "gioco" allora finisce che si vive davvero come un'umiliazione.
Quella sera è iniziato un percorso (non certo pugilistico) ma di profonda autoanalisi.
Archiviare queste parole come le solite stronzate sulla boxe?
Probabile.
Ma quella notte in cui non ho chiuso occhio per l'umiliazione è anche la stessa notte in cui decisi di prepararmi per affrontare il tizio dal sinistro inisidioso.
E allora la mattina, via a correre.
Ed eccomi qui. Ore 06.30. Fine Gennaio. Quest’inizio del 2008 non è poi così freddo.
Mi metto a correre come a scacciare via tutte le mie paure.
L’umiliazione, la ferita, quel vago bruciore che è rimasto allo stomaco.
Chissà cosa penseranno adesso in palestra?
Chissà quanto si sarà sentito “fico” il tizio dal sinistro insidioso.
Magari pensano che sono un babbeo…
E invece scopri che il pugilato è così. Prima o poi il culo per terra lo mettono tutti.
Chi soffre i colpi “sotto” mette giù il culo per un montante al fegato o un colpo al plesso solare.
Andare giù “alla milza” (cioè il fianco sinistro) è più difficile perché è un punto meno doloroso.
Anche vero il fatto che, se adeguatamente massaggiato si finisce ko anche per quello.
Chi invece mette giù il culo con il knockout classico, quello al mento. Il colpo che ti spegne le luci, che provoca questa sorta di “reset” del sistema per cui tecnicamente perdi conoscenza e ti svegli un bel po’ dopo.
A terra, con un gran bel mal di testa e, se sei proprio sfortunato con un gran male alla mandibola.
Il che significa che da li a qualche giorno farai pure fatica a mangiare.
E non è certo una cosa simpatica.
Eccola qui la boxe.
Anzi quello che c’è dietro. Quello che trova chi la pratica.
Quello che ho scoperto a mie spese.
Il dolore e il “dopo” di un ko non te lo racconta mai nessuno.
E’ sempre qualcosa di umiliante, su cui si preferisce voltare lo sguardo. Come se facesse troppo male ripensarci.
E invece è pensando a quello che si costruisce l’allenamento successivo.
Pensare a quello che non è andato, allenarsi per la tenuta atletica, per portare più colpi, per studiare la strategia giusta per quell’avversario.
Vedete, il pugilato si può fare in mille modi. I colpi da portare alla fine sono soltanto tre.
Ma dietro c’è un lavoro incredibile.
La boxe la puoi imporre, la puoi “subire”, puoi sfruttare i tuoi spostamenti per rientrare, puoi sfruttare i colpi dell’avversario per colpire di reazione, puoi usare le gambe per boxare, puoi usare il tronco, puoi usare la lunga distanza, ma se ti piace menare allora cerchi la media e la corta.
Puoi decidere di passare sotto i colpi e puoi decidere di allontanarti, puoi decidere di parare con i guanti oppure di schivarli di lato, puoi boxare a mani basse, ma non lo consiglio a nessuno, puoi boxare da mancino (come faccio io) o da destro, puoi tenere il braccio avanti basso, e puoi appoggiare i guanti sugli zigomi, come faceva il caro vecchio Iron Mike. Puoi avere un gancio sinistro in grado di decapitare un pony oppure decidere di puntare tutto sui diretti. Puoi usare il jab per punzecchiare l’avversario oppure puoi aggredirlo senza lasciargli (e senza lasciarti) un attimo di fiato. Puoi tenere il centro del ring e puoi girare come una trottola.
Nella boxe alla fine c’è tutto. C’è tutto per tutti.
Se sei alto e magro ti conviene boxare in un modo, se sei basso e grasso ti conviene boxare in un altro.
Nessuno è per forza ed inevitabilmente avvantaggiato.
Chiunque ha la possibilità di imporre il proprio stile.
Una cosa su tutte però, devi accettare il gioco.
E il gioco significa che i pugni si danno e si prendono, che ai pugni ci si va incontro e che i pugni, cosa che mi stupiva tanto all’inizio, bisogna guardarli, bisogna vederli.
La tentazione di strizzare gli occhi è molto forte e, di tanto in tanto si ripresenta. Specie quando latito da parecchio dal quadrato. Ritorna e allora via daccapo.
In un allenamento che non finirà mai. Non può finire mai.
La boxe è questo. E tanto altro ancora.
E’ per questo che è difficile smettere. E’ per questo assomiglia così tanto alla vita.
Perché il pugile, chiunque esso sia, risulta alla fine un perdente.
E a me i perdenti sono sempre stati simpatici.
Perché ci sarà sempre qualcuno più forte di te, qualcuno meglio preparato, qualcuno più motivato, o semplicemente più giovane che vorrà imporre il suo stile e che magari, per pura antipatia, ti vuole gonfiare di botte.
Ma non è mai un buon motivo per abbandonare o lasciare perdere. Semmai l’esatto contrario.
Impegnarsi, studiare la propria strategia e metterci la faccia (in tutti i sensi) nel cercare di costruire il risultato.
Eccole qua, tutte ste lezioncine imparate mettendo il sedere al tappeto.
Ed eccomi qui nel Gennaio 2008, a correre alle sei di mattina.
E nelle orecchie Radio Capital che come primo pezzo passa “Rhapsody in blue” di G. Gershwin.
Un inizio più epico di così non si può.
Modulo il ritmo della corsa e penso che se smettessi di fumare forse renderei di più.
E succederà anche questo nel 2008.
e tutto grazie alla boxe
charlieboy

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