martedì 6 marzo 2012

ritmi circadiani

Come se fosse il perpetuarsi di un'azione. Di un ciclo. Di un processo chimico.
Sapere che prima o poi ci ritornerò, e poi via, daccapo, a sperarci di nuovo.
A pensare che non ricapiterà.
E invece ricapita. E quello che mi ammazza e proprio questo. La speranza.
Crederci ogni volta.
Come quando i miei litigavano e minacciavano il divorzio e io speravo che non ritornasse più quella situazione.
Ci speravo. Con tutto me stesso. Come se avessi potuto davvero farci qualche cosa.
E invece la cosa ritornava, con una ciclicità imbarazzante.
Quasi ogni settimana.
Quasi ogni settimana di domenica. A pranzo.
Occasione di tensione nota, conosciuta, temuta.
Inevitabile!
Eppure ci sperato cristo.
Ogni volta mi mettevo a misurare tutto, le parole, gli sguardi, il respiro.
Cercavo di assottigliarmi, di fare in modo, di non dare modo che si potesse scatenare la tempesta.
Cercare di allontanare le nuvole con un ventaglio.
Già.
E non funzionava mai.
Forse è lì che ho iniziato ad odiarla la "ciclità". Gli appuntamenti dolorosi con le situazioni prima e poi con me stesso.
Perchè una vita al top non me la immagino.
Ma ci spero.
E allora quando mi ritrovo pieno di vita, a letto, a casa, da solo, sento che la sto buttando nel cesso.. e mi agito, ma è agitarsi con una frequenza talmente alta che sembro fermo, anzi, sono fermo.
E così, penso, ma non in modo lucido, penso e ripenso a quello che avrei potuto... e allora tutte le occasioni non si profilano ma vengono archiviate come vecchie. Già perdute.
E così sul lavoro.
Indolenza. Nessuna voglia.
Se non dovessi andarci, per mantenermi, non ci andrei.
E poi paura, la paura di spostarmi. Di cambiare strada.
E poi la voglia di una stabilità, di piantare i piedi su un terreno sano. Stabile.
E poi la voglia di una casa, calda, felice, piena di luce.
Voglia di sentire odore di cibo appena cucinato, del ticchettio del forno, di un sorriso, di un bacio e un abbraccio.
Voglia di essere cercato. Voglia di fare cose insieme.
Di avere e di essere punto di riferimento.
Ecco di cosa avrei voglia.
Non so se si sistemerebbe tutto, ma molto sì.
E poi la voglia di essere capito, su tutto. Unita alla voglia di farmi capire.
Voglia di parlare, e di usare le parole nel modo più semplice possbile.
Per spiegarsi, per chiarire, per sollevare il sipario, per svelare i trucchi dietro alla magia.
Voglia di ridere e di sentirmi leggero.
Voglia di quello che non ho. Punto.
Oggi quello che ho non mi basta.
non mi è mai bastato
charlieboy

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