giovedì 22 dicembre 2011

Sul suicidio

E poi mi sveglio la mattina. Faccio colazione. La doccia. Il deodorante per le ascelle.
A piedi al lavoro. Il timbro. E si comincia.
Come se fosse un giorno qualunque. Come se fosse un giorno normale. Come se tra breve fosse Natale.
Incontro le solite persone. Saluti. Sorrisi. E poi la parola "suicidio" entra a far parte del mio vocabolario. Della mia vita. Niente che mi abbia toccato da vicino.
Ma ha travolto una persona che lavora con me. Cui voglio bene.
E me la trovo lì, a letto, in lacrime, senza sapere cosa dire. (c'è forse qualcosa da dire?)
E' una cosa che taglia le gambe, lascia senza fiato.
L'ho vista Lei. In lacrime, fragile e impotente. Come se fosse troppo. Come se fosse troppo anche per Lei che di esperienze difficili ne ha già passate. La sento singhiozzare, la sento vomitare la sua rabbia disperata, frasi come: "..è sempre tutto difficile..".
Già, come posso darle torto, è sempre tutto difficile. Per qualcuno però di più. Per qualcuno la strada non molla mai. E' sempre in salita.
E' proprio in questi contesti che mi sembra di essere alto quanto un nano da giardino.
Io di fronte alla schiettezza, alla forza di mostrare tutte le proprie debolezze mi sciolgo.
La guardo ancora, la abbraccio, la bacio. Ma dalla bocca non esce niente.
E allora esco dalla stanza. Vado in bagno e piango. Perchè di piangere davanti a Lei, davanti agli altri non mi va.
Penso al gesto.
Ad ammazzarsi. E penso che sia una cosa orrenda. Tremenda. Vigliacca.
Ammazzarsi e riversare addosso il dolore alle persone che ti vogliono bene. Sbatterglielo in faccia facendole soffrire.
Senza possibilità di confronto. Senza possibilità di capire.
Senza possibilità di non sentirsi in colpa, di chiedere perchè.
E' una cosa orribile. Perchè la scontano gli altri.
E di sofferenze, ce ne sono già abbastanza da scontare.
Anche senza questa. Senza tutto questo dolore.
Torno da Lei, mi chiede di chiamare un'amica comune, le lacrime si appiccicano al cellulare e lì sono ancora.
Non è chissà quale feticismo, ma non le ho ancora lavate via.
Come se non si potesse lavarle via subito.
Come se servissero a pensarci su. A valutare una cosa orribile.
La mia giornata non è stata più la stessa.
13 ore di lavoro che sono state un sottofondo a un qualcosa che dentro si è mosso.
Qualcosa di profondo. Di innato.
Rimanere attaccato alla vita con i denti e le unghie.
Pagando il prezzo del biglietto.

Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte 
si sconta
vivendo

charlieboy

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