lunedì 27 febbraio 2012

babooshka

[from the park. in a sunny day]
Con i libri mi succede spesso così. Iniziarli. Abbandonarli. Riprenderli. E ricordarmi esattamente a che punto li avevo lasciati.
Ero lì, arenato nella lettura di questo bel libro che ho inziato quest'estate. Durante la mia prima (e finora unica) vacanza in barca.
E' letteratura di viaggio, una via di mezzo tra una lonely planet e un divertente diario "in vespa" scritto, diretto e guidato da Giorgio Bettinelli. Personaggio incredibile il Giorgio. Se n'è già andato ma sono convinto che abbia vissuto la sua vita nel modo che più desiderava, trovando la sua strada anzi, percorrendola.
Strada fatta da decine di migliaia di km.
Il libro si legge bene, il Giorgio, prima di essere "vespista" è stato attore, musicista, dottore in lettere.
Adoro questa complessità, mi piace quando si mostra in tutti quegli esseri umani che hanno l'abilità di utilizzarla per creare qualcosa di speciale.
Siamo troppo complessi per fare una cosa. Per farcene bastare una sola!
Trovo commuovente il modo in cui il Giorgio descrive il suo viaggio (Roma-Saigon) in vespa. Un viaggio a tappe, dove ogni tappa è una piccola babooshka che, insieme alle altre, comporrà il viaggio finale.
Ma quello di cui ci si accorge subito è che qui la singola unità è ben più importante dell'intero viaggio. Il libro, se non per qualche rimando, può essere cominciato da pagina 1 come da pagina 80, non importa. In ogni tappa si ritroveranno le sensazioni, le aspettative ed il vissuto di quelle giornate. E il suo viaggio, come la vita, riserva tutto ciò che di umano è possibile. Gioia, tristezza, noia, felicità...
Le emozioni si mischiano, si shakera il tutto ed il cocktail è servito. Il gusto cambia di volta in volta diventando spesso agrodolce.
"Kali nikta.. le dico dando fondo a tutto il mio greco; lei sorride e mi manda un  bacio scanzonato sulla punta delle dita, prima di chiudersi la porta n° 11 alle spalle.
Fino a tardi non riesco ad addormentarmi, rigirandomi in continuazione nelle lenzuola non pulitissime della Ringo Guest House. Ripenso a Ellis e alla Cappadocia, mi rivedo abbracciato a Elektra sotto il tavolo..."
qualche pagina dopo
"Prima di sera ho già sbirciato sui registri di altre nove guest house con i pretesti più diversi e in pressochè tutte le zone della città, ma di Elektra neanche l'ombra.
Nei venti giorni che seguiranno, dopo aver condiviso l'allegria e l'entusiasmo della festa del Divali, senza smettere di cercarla tra la folla; dopo essere salito sulla groppa di un paio di elefanti nei dintorni dell'Amber Fort e aver mancato di qualche giorno la fiera dei cammelli a Pushkar; dopo aver passato la città di Udaipur con lo splendido palazzo che si affaccia sul lago ed  essermi lasciato sfiorare dall'atmosfera mistica di Ujjain, una delle città sante dell'India, la incrocerò per poche frazioni di secondo e vedrò il suo viso sfrecciare dietro i finestrini di un autobus che corre nella direzione contraria: e di Elektra Dimitropolous non ci sarà più traccia nel resto della mia vita, perlomeno di questa vita."
Ci vuole coraggio no?
Ce ne vuole eccome per vivere così un addio. Con una triste serenità.
Perchè la vita è anche così, piangere e ridere nello stesso tempo.
Ciao Giorgio
con l'augurio di ritrovare la tua Elektra
con l'augurio di vivere le occasioni perdute
charlieboy

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